Ci siamo cimentati tutti quanti con la grammatica italiana e le varie “analisi” strettamente legate al ciclo di studi relativo alla nostra età anagrafica. “All’inizio era il verbo…”, inizia così anche il libro più famoso e diffuso del mondo, ed in effetti nell’analisi grammaticale, il verbo, l’articolo ed il nome sono componenti essenziali e basilari delle prime esperienze a contatto con la lingua italiana scritta.
Poi, successivamente, ci si scontra con la “logica” e tutto diventa soggetto, predicato e complemento oggetto, che sembra ci sia qualcuno che ci voglia complicare la vita, ma a ben guardare, non è altro che la realizzazione del desiderio di approfondire la conoscenza e la “militanza” nella dialettica che, il corretto uso della lingua italiana, regala a chi se ne innamora con devozione.
E poi, visto che gli anni di vita sono ormai a doppia cifra da un pezzo, ecco che si comincia a parlare di “periodo” con tutte le proposizioni che orbitano nei nostri discorsi che ormai diventano sempre più complessi, ricchi e pregni di significati figli delle nostre personali idee.
Tutto questo, che non è altro se non lo studio della lingua italiana, ci porta a crescere nella comunicazione, ad essere più comprensibili nell’esposizione del nostro pensiero e ad avere una crescente capacità di intendere quello che gli altri tentano di farci capire. Così succede che, a valle di ogni campagna elettorale, si moltiplicano le analisi del voto ed i soliti volti noti si sperticano nel tentativo, spesso vano, di far capire (quasi sempre a modo loro) il significato del risultato delle urne e di quello che può indicare per la vita quotidiana di ognuno di noi.
Avrete notato che paradossalmente in ogni competizione elettorale nessuno perde, perché nel “periodo” c’è stato comunque un guadagno, “logicamente” ci si poteva aspettare di più e “grammaticalmente” i volponi dello scranno, si prendono gioco di noi con lunghi e tortuosi giri di parole che il più delle volte sono incomprensibili anche a loro stessi.
Ma anche chi, almeno sulla carta, ha ottenuto un risultato positivo non disdegna di bastonarsi le parti basse, disquisendo di successi effimeri, dovuti alla territorialità di nomi forti e che, una volta usciti dal recinto del proprio orticello, si squaglieranno come neve al sole.
Certo che quest’anno anche alle porte di casa nostra, c’è stata un’anomalia, un corto circuito istituzionale, che definire singolare è riduttivo: mi riferisco ovviamente a Sant’Antonio Abate ed al suo sindaco unico candidato, ovviamente eletto, mentre i consiglieri se le sono date di santa ragione nel tentativo di accaparrarsi uno scranno in un consiglio comunale, la cui funzione democratica, alla luce dei fatti, è ormai decisamente insignificante. Ma non voglio dilungarmi oltre, per non rischiare di “beccare” uno dei soliti voti, che la mia professoressa di italiano del liceo era avvezza scarabocchiarmi sull’ultima facciata di ogni mio tema in classe.
Lei, che mai dimenticherò, non alterava in alcun modo i miei scritti, si limitava a giustificare il classico “3 meno meno” con quattro o cinque righe di commento finale, senza mai disdegnare di chiamarmi alla cattedra quando, consegnando i lavori agli studenti, mi chiedeva ragione e spiegazione delle mie fatiche letterarie… Concludo esprimendo un mio personale desiderio: mi piacerebbe che tutti noi avessimo la forza e la volontà, di “analizzare” sempre ciò che diciamo e che facciamo, di modo che, nei limiti del possibile, le nostre azioni possano essere d’aiuto a noi e a chi interagisce con noi.