di JeanFranck Parlati – Il 27 gennaio è una ricorrenza internazionale che si celebra ogni anno, nel medesimo giorno, per ricordare le vittime dell’Olocausto. Infatti fu stabilito di celebrare il giorno della memoria , perché in quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa, impegnate nella offensiva Vistola-Oder in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz.
Con la scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono compiutamente per la prima volta al mondo l’orrore del genocidio nazifascista. Con l’apertura dei cancelli, Auschwitz mostrò al mondo intero non solo molti testimoni della tragedia, ma anche gli strumenti di tortura e di annientamento utilizzati in quel lager nazista.
Tra il 1933 e il 1945, la Germania Nazista e i loro alleati crearono più di 40.000 campi di concentramento e altre strutture carcerarie. (Ecco un breve elenco): Auschwitz – Birkenau (1940) – Belzec (1942)- Bergen Belsen (1943) – Bolzano (1944) – Borgo San Dalmazzo (1943) – Buchenwald (1937) – Chelmno (1941) – Dachau(1933) – Dora Mittelbau (1943) – Drancy (1939) – Esterwegen (1943) – Flossenburg (1938) – Fossoli (1942) – Gross Rosen (1940) – Majdanek (1941) – Mauthausen (1938) – Natzweiler (1941) – Neuengamme (1938) – Ravensbruck (1938) – Risiera Di San Sabba (1943) – Sachsenhausen (1936) – Sobibor (1942) – Stutthof (1939) – Treblinka (1942).
Questi campi furono usati dalla Germania nazista prima e durante la seconda guerra mondiale per diversi scopi, tra i quali i lavori forzati, la detenzione di chi era considerato nemico dello Stato, e l’eliminazione in massa dei prigionieri.
Un’immagine della liberazione di Mauthausen, tratta dal sito della 11a Divisione americana, i cui uomini entrarono nel campo il 5 maggio 1945 (foto), quando il comandante Harry Sauders è in piedi sul mezzo corazzato e fa la sua entrata proprio nel campo, alla sua sinistra alla mitraglia John Slatton, mentre alla guida Marvin Stark.
Sul portone d’ingresso (foto) troneggiava un’ aquila nazista, che di lì a poco fu abbattuta dai deportati.
Forse è da questo particolare che Roberto Benigni inserì nel film questa scena “La vita è bella”; il giovane soldato americano apre la torretta del carro armato (un M4 Sherman americano, che fu concesso per le riprese dal museo “Piana delle Orme” di Latina), che entra proprio in un campo di concentramento e saluta il piccolo Giosuè rimasto nel silenzio del campo di sterminio deserto – con un «Hi Boy! … vieni ti diamo un passaggio». E Giosuè alla madre ritrovata grazie alla posizione “alta” sulla torretta: «Mamma, si torna a casa col carro armato americano … abbiamo vinto!».
“La vita è bella” è un film del 1997 diretto e interpretato da Benigni con la partecipazione di Nicoletta Braschi e del piccolo Giorgio Cantarini.