Ebbene sì, c’è ancora tempo.
C’è ancora tempo per fare domani o dopodomani, quello che si sarebbe potuto fare oggi, ieri o l’altro ieri. Il Viminale si è pronunciato e, come previsto dalla normativa vigente, le prossime elezioni amministrative si terranno nella primavera del 2026, ovvero da qui a due anni tondi tondi, e questa è certamente una notizia da tenere a mente.
Ora, come in tutte le cose della vita e di questo mondo, tutto dipende dai punti di vista, e mi spiego. Se per un attimo ci immedesimassimo negli attuali amministratori del nostro paese, avere ancora due anni a disposizione per poter mettere mano alle opere pubbliche o districare alcune matasse burocratiche, certamente sarebbe una cosa buona, anche se va detto che, se non sono bastati nove anni di consiliatura quasi ininterrotta, non si vede come altri due possano fare la differenza.
Ma vogliamo avere fiducia. Se invece ci fosse la possibilità di vestire i panni dei dirigenti di partito delle forze di opposizione in consiglio comunale, certamente avere ancora 25 o 26 mesi per poter allestire liste elettorali, programmi di governo, progetti e proposte per la prossima amministrazione comunale, sarebbe come ricevere una manna dal cielo, visto che la preparazione di una campagna elettorale che voglia essere vincente, richiede impegno ma soprattutto tempo e risorse. Ma, siccome la maggior parte di noi che “calpestiamo il basalto” (come era uso dire in un vernacolo piacevolissimo un anziano amante dei cani e di Angri), non siamo né amministratori ne prevediamo di diventarlo negli anni a venire, forse la notizia in sé non ci tocca più di tanto.
Quello che veramente ci interessa, o per meglio dire che mi interessa, è avere un domani, anzi un oggi. Non so se avete presente, sentire la sveglia al mattino, godere della luce del sole che penetra dalle finestre, respirare un’aria aromatizzata dal caffè, sfiorare il volto di chi ci sta di fianco…
Lascio ad altri l’incombenza di aspettare domani per fare, io preferisco farlo oggi. Se c’è ancora domani, voglio affrontarlo, viverlo, sapendo che oggi ho vissuto fino in fondo. Del resto, e ciò è fin troppo evidente, se Angri, come paese, ha smesso di vivere limitandosi a sopravvivere, è proprio grazie a chi ha preferito aspettare domani e poi dopodomani per fare ciò che andava fatto.
Un vero peccato, perché ogni respiro perso è una boccata in meno di ossigeno che va al cervello, e si sa, un cervello che non respira è un cervello che non pensa, ma forse qualche buontempone si è convinto che un popolo che non pensa è un popolo più facilmente gestibile. Ieri, oggi e domani.