Il Giudice di Pace dà ragione ad un cittadino angrese che impugna una bolletta della Gori, condanna la società di gestione idrica al pagamento delle spese, e parallelamente il Comune si affida ad un legale per la sua difesa, con il risultato grottesco che per una bolletta da 38 euro Gori e Comune spendono oltre 1500 euro.
La storia sembra uscita dalla penna di Pirandello, ma è vera ed ha come protagonista Antonio D'Ambrosio, un battagliero utente che da anni è divenuto il punto di riferimento di battaglie legali e civili legate ai "filoni" delle bollette di acqua, spazzatura ed Ici. In particolare, dopo aver avuto parere favorevole in più occasioni, si è visto dare ragione dal Giudice di Pace di Nocera Inferiore, l'avvocato Guido Senatore, con la sentenza numero 6977/10, di cui ha avuto notifica da qualche giorno. La sentenza vede opposti da un lato D'Ambrosio, difeso dall'avvocato Eliodoro Alfano, e dall'altro la Gori (difeso dai legali Renato, Ciro e Paola Buonajuto) ed il Comune di Angri, difeso dal legale Vincenzo Testa.
La Gori aveva inviato a D'Ambrosio una bolletta dell'importo di 38 euro, datata 28 aprile 2010, relativa ai consumi di acqua potabile per il primo trimestre 2010, ed in essa era richiesto anche il pagamento di 643 euro per precedenti fatture già impugnate ed annullate da sentenze del Giudice di Pace nocerino.
"Tali somme -si legge nella sentenza- erano calcolate su un consumo preventivo di acqua potabile, e su tale presupposto erano quantificate anche le somme dovute per fognatura e depurazione". D'Ambrosio chiedeva l'annullamento della fattura "perchè illegittima", e con essa "la carenza di legittimazione attiva della spa Gori per mancanza di contratto e/o di cessione di esso da parte del Comune di Angri, peraltro mai comunicata all'attore".
E siccome D'Ambrosio "non era a conoscenza di un accordo tra il Comune di Angri e l'Ente d'Ambito Sarnese Vesuviano relativo al suo contratto di utenza idrica", sosteneva "che la pretesa della Gori era del tutto illegittima, perché dalla fattura non era possibile pervenire al modo in cui erano state quantificate le somme richieste, e non vi era traccia di lettura dei contatori per determinare l'acqua fornita all'utente".
Per questi motivi, D'Ambrosio si appellava al Giudice di Pace, chiedendo il risarcimento del danno esistenziale in 200 euro, oltre alle spese e competenze di giudizio". La Gori si costituiva, spiegando di "essere subentrata al Comune di Angri nella gestione del Servizio Idrico Integrato, con l'Ente d'Ambito Sarnese Vesuviano che aveva affidato alla spa Gori la gestione del servizio con l'apposita Convenzione di gestione del 30 settembre 2002", chiedendo a D'Ambrosio che ha "comunque usufruito dei servizi idrici comunali", di considerare il contratto "concluso per factia concludenda, e quindi assoggettato al regime tariffario con un consumo presunto di metri cubi 72 a persona nel nucleo familiare, con condanna dell'attore alle competenze di giudizio". Si costituiva anche il Comune di Angri, che si affidava ad un legale esterno. Il Giudice di Pace ha decretato "l'inesistenza dell'obbligo contrattuale al pagamento della fattura come pretesa dalla convenuta Gori, per il quale necessitava uno specifico valido accordo tra le parti, non ravvisabile nel caso in questione".
"Deve dunque dichiararsi l'illegittimità delle somme": pertanto, il Giudice ha rigettato le eccezioni avanzate dalla Gori, condannandola al pagamento delle spese in giudizio per complessivi 350 euro, dichiarando l'estromissione dal giudizio dell'Ente d'Ambito e del Comune, che per la sua difesa legale ha impegnato 1000 euro più iva. Francesco Rossi