Una rondine non fa primavera e non cancella le tempeste invernali che hanno contribuito a far arretrare una comunità che si nasconde ma osserva, non parla, non si sbilancia ma valuta. La sentenza del caso Soget è una fedele testimonianza del “modus-operandi” della piazza doriana che ha appreso la notizia dell’assoluzione del primo cittadino Pasquale Mauri quasi con indifferenza, normalità.
Eh si, perché nel paese dove un marciapiede e una strada asfaltata diventano motivo di vanto, e addirittura di festeggiamento con tanto di inebriante “spumante”, ci si può attendere di tutto. Il possibile e l’impossibile.
E allora diventa facile imbattersi in commenti che tra il serio e il faceto celebrano l’assoluzione di un sindaco dal reato di corruzione aggravata per aver fatto assumere il figlio nella società che gestisce i tributi sul territorio comunale.
La normalità, tanto proclamata nella campagna elettorale del 2010, si è trasferita altrove, decisamente distante centinaia di chilometri dalla nostra città. Si è “cambiato davvero”!
La regolarità del quotidiano ha assunto connotazioni anomale trasformando l’azienda speciale locale in una sorta di collocamento dove destinare centinaia di persone con norme di selezione che sfuggono solamente agli occhi delle menti pensanti cittadine.
Laddove l’asfalto arriva nei cortili e nelle strade private e si attacca una mattonella per ricordare la realizzazione di un marciapiede o di una rotatoria, o si tagliano i nastri per piccole ristrutturazioni di fabbricati, opere di ordinaria e semplice amministrazione altrove, non vi può essere una condizione di normalità. La sentenza assolve il nostro sindaco, la giustizia ha emesso il suo legittimo verdetto e come cittadini siamo orgogliosi che il soggetto che ci governa non sia incappato in condanne che avrebbero infangato l’immagine della città.
Dalle diatribe politiche intendiamo tenerci, volutamente, a debita distanza perché in questi mesi di attesa alcune compagini hanno focalizzato, esclusivamente, l’attenzione sulle vicende giudiziarie facendo scivolare in secondo piano ciò che veramente interessa alla comunità: la questione morale! Il sindaco ha fatto assumere suo figlio, non è reato!
Non c’è assolutamente nulla da obiettare rispetto a ciò che ha stabilito l’organo della magistratura. Siamo, però, ancora in attesa che qualcuno ci faccia comprendere perché tra le centinaia di giovani e professionisti locali il sindaco avrebbe proposto proprio il figlio?
Eticamente è stato un comportamento poco corretto e rispettoso nei confronti dell’intera popolazione. Magari sarebbe stato opportuno sollecitare la società in questione, ma anche altre, ad indire una selezione tra i candidati angresi concedendo loro la possibilità di poter perfino brindare, con lo champagne non lo spumante, all’assunzione di qualche meritevole giovane locale che, invece, si è dovuto accontentare di mangiare il classico “limone” per digerire le scelte immorali del sindaco a cui va dato il merito di aver “cambiato davvero” la città confondendo il concetto di normalità con una nebbiosa eccezionalità! Luigi D’Antuono